Copyright e web – Cosa cambia con la nuova normativa?
Copyright, cosa cambia con la nuova normativa
Digital Single Market. Ne avete mai sentito parlare? Potremmo starne a parlare per ore e utilizzare paroloni tecnici e burocratici, ma la realtà è molto più semplice e immediata. Il Digital Single Market non è nient’altro che un mercato unico europeo. O meglio la politica di un progetto che intende abbattere le barriere digitali, al pari di quelle fisiche, come è avvenuto per gli altri mercati dell’Unione Europea. Il programma si applica ai settori della pubblicità online, del commercio elettronico e delle telecomunicazioni. A tutto il mondo della rete, per intenderci. Capirete, quindi, che la faccenda risulta alquanto complicata, soprattutto per le difficoltà di regolamentare un mercato che di per sé ha delle caratteristiche così particolari da essere troppo spesso preda del disordine e di mancanza di disciplina. Pensate ad alcuni siti di e-commerce. E pensate all’informazione e a tutti i contenuti creativi che girano nel web. E’ qui che si inserisce il discorso sul copyright. Che è un diritto antico, quello d’autore, ma che ha subito sempre numerosi attacchi e soprattutto si è dovuto adeguare ad un mondo che cambia continuamente e lo fa in fretta.
Il copyright alle sue origini
Storicamente il copyright nasce in Inghilterra nel XVI secolo per esercitare un controllo sulla diffusione delle prime pubblicazioni ed evitare la nascita di quelle non autorizzate dal monarca. In seguito, il diritto si è spostato e concentrato sulla persona, sugli autori quindi, più che sugli editori e i proprietari delle case editrici. Cos’è però esattamente il copyright? E’ il diritto dell’autore di utilizzare in modo esclusivo l’opera e di escludere da tale diritto gli altri. Ovvero, di non permettere la diffusione senza un consenso esplicito. Nel copyright rientrano varie categorie di opere. Da quelle letterarie, a quelle musicali, audiovisive per arrivare anche alle banche dati e a software di gestione dei dati stessi.
Il copyright e il difficile rapporto con il web
Internet ha modificato in modo profondo la vita di tutti, compresa quella di chi realizza contenuti, di qualsiasi tipologia essi siano. Si tratta di un mercato globalizzato, difficile da rinchiudere dentro una gabbia di regole. Basta soffermarci, ad esempio, sul file sharing di film o canzoni. Sono molti i Paesi in cui esistono sanzioni severe per chi viola il copyright, ma evidentemente non è sufficiente. Servono soluzioni già concrete e urgenti. Ecco il motivo per cui oggi si parla di Digital Single Market e sopratutto di copyright a livello comunitario. Finalmente, dopo varie vicissitudini e sessioni di discussioni, il Parlamento Europeo ha approvato una direttiva per regolamentare il diritto d’autore in rete. L’iter legislativo sta per essere completato, dopo aver passato il vaglio del Consiglio, e tra due anni potrà entrare in vigore in tutti gli Stati Membri, dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea.
Cosa cambierà con questa nuova normativa sul copyright?
Quello che si è chiesto fino ad ora a gran voce era una retribuzione equa per la proprietà intellettuale nella rete. Questo perché, sopratutto i grandi colossi, come ad esempio, Facebook, Google o YouTube, hanno sempre utilizzato in qualche modo, o permesso l’utilizzo, di opere di legittima proprietà altrui. Stiamo parlando di piattaforme che basano la loro economia sulla condivisione di contenuti, che però sono il frutto del lavoro e dell’ingegno di persone che, in quel caso, rimanevano fuori da qualsiasi tipo di guadagno. La normativa prevede, dunque, delle sostanziali novità.
La prima riguarda quella legata per l’appunto al compenso. Ovvero qualsiasi autore potrà richiedere un compenso per l’utilizzo della sua opera e le piattaforme di condivisione saranno obbligate a monitorare in modo costante l’utilizzo delle stesse da parte dei propri utenti. Certo, sarà ancora possibile condividere i contenuti che più ci piacciono, anche quelli rappresentati dalle gif o dai meme, ma quando si tratterà, ad esempio, di articoli giornalistici, bisognerà allora limitarsi allo snippet, formato dalle prime righe di un testo e che permettono al testo stesso di essere indicizzato sui motori di ricerca.
Buone notizie o no?
Se da una parte la nuova normativa è stata accolta con entusiasmo, soprattutto da coloro che lavorano nel settore dell’editoria, dall’altra non è rimasta esente da critiche e da pareri negativi. Sono due, infatti, gli articoli che hanno sollevato le maggiori preoccupazioni. Uno è l’art. 11, che dà il via alla link tax, una tassa che costringerà gli editori a dare una somma agli autori per l’utilizzo dei loro contenuti. Autori che verranno remunerati dalle varie piatteforme di condivisione. Il secondo articolo è il numero 13, quello relativo all’upload filter, che impone alle piattaforme online di ricevere un’autorizzazione esplicita dagli autori per l’uso del materiale di loro proprietà. In caso non avvenisse le piattaforme sarebbero in automatico fuori norma con la legge sul copyright. Le perplessità sono tante e sono principalmente dovute ad una difficoltà oggettiva nel riuscire a monitorare la mole inqualificabile di dati e di contenuti.
Non tutte le realtà web, però, sono coinvolte da questo nuova normativa. Ad esempio, risultano escluse dalle regole più restrittive tutte quelle piattaforme in attività da meno di tre anni o che abbiano un fatturato annuo entro i 10 milioni di euro o un traffico di utenti mensili fino a 5 milioni. Sembra che anche le società senza scopo di lucro, come Wikipedia, rientrino in questa lista.
Ora rimane da vedere come le grandi aziende si comporteranno di fronte a quella che sembra voler essere una vera e propria rivoluzione industriale e, soprattutto, come la prenderanno gli utenti, ormai troppo abituati ad ottenere contenuti di qualsiasi tipo senza aprire il portafogli.
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